Se vi chiedessero che cosa desirereste di più per vostro figlio, probabilmente rispondereste così: “Vorrei che fosse felice”. Ma forse abbiamo investito troppo nell'idea di “felicità”, nell'immagine della famiglia perfetta, che passa la giornata perfetta, saltellando nel ruscello e godendosi un bel picnic in mezzo al verde. O, se pensiamo allo sport, forse rispondereste "Vorrei che giocasse bene e vincesse ogni partita senza problemi e intoppi", non è vero?
Tuttavia, la felicità, come tutti i sentimenti, va e viene. In realtà, se foste felici tutto il tempo, stentereste a capirlo perché non avreste altri stati emotivi da mettere a confronto. Inoltre, i genitori tendono a dare per scontato che la loro idea di felicità valga anche per i figli, ma non è necessariamente così.
Prima che i bambini siano esposti alla cultura del piacere attraverso le cose, hanno un'idea migliore di ciò che è veramente soddisfacente: la connessione, la relazione. È la sensazione di essere compresi, capiti al volo, in questo caso dai genitori e da chi si prende cura di loro. È di trovare un senso e un significato nell'ambiente, tanto da avere l'impressione di essere connessi con l'ambiente stesso. Per sentirsi capito al volo, un bambino ha bisogno che accettiamo tutte le sue sensazioni: la collera, la paura, la tristezza, la gioia. Ma se noi per primi non siamo connessi con le nostre emozioni, come possiamo essere attrezzati per farlo con gli altri e in particolar con nostro figlio/a?
A tal riguardo, vi propongo questo esercizio.
Pensate alle occasioni in cui vi siete sentiti turbati da qual cosa. Di quanto tempo avete avuto bisogno per tradurre i sentimenti in parole, per dare loro un senso e abituarvici prima di essere pronti a distrarvi, magari guardando un film o leggendo un libro. Voi, il vostro partner o il vostro bambino non soffrite per le stesse cose, ma questo non significa che i sentimenti siano meno intensi o reali dei vostri.
Ricordate: quando qualcuno vi confida un sentimento doloroso, anche se avete la sensazione che, riconoscendolo, potete soltanto aggravare il suo stato d'animo, in realtà lo aiuterete a lavorare sulle sue emozioni e di conseguenza a sentirsi meglio.
È importante che quando un bambino prova dei sentimenti, anche se sono scomodi e si preferirebbe negarli, bisognerebbe invece nominarli. Verificate con lui se sono quelli che crediamo di aver percepito, dobbiamo capire il perchè e avvalorare il suo modo di viverli. Se vi mantenete calmi e riuscite ad arginare i suoi sentimenti, anche lui imparerà a fare la stessa cosa.
Distraendolo ripetutamente dalle sue sensazioni o dalle sue esperienze, invece, involontariamente lo scoraggiate anche dal riuscire a concentrarsi. Provate a pensarci: se il bambino si è fatto male, ha perso una partita o non ha giocato per niente, distraendolo da quello che sente invece di aiutarlo a elaborare le sensazioni, lo scoraggerete dal fissare l'attenzione sulle questioni difficili. E questo può accadere perché vedete la situazione attraverso i vostri occhi, non i suoi. Sembra un processo più lungo della pura e semplice distrazione, ma il tempo che avrete investito lo aiuterà a interiorizzare queste capacità.
Concludendo, abbiamo talmente bisogno di vedere felici i nostri figli che a volte preferiamo allontanarli quando sono arrabbiati o tristi. Ma per una buona salute mentale i bambini devono vedere che i loro sentimenti vengono accolti e imparare modi accettabili per esprimerli. Un bambino che si vede rispettato come persona e per il suo punto di vista impara istintivamente a rispettare gli altri. Di conseguenza comprenderà anche che esiste più di un modo di vedere e sperimentare le cose, e riuscirà a stare dentro le difficoltà, che siano sportive o della vita.
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