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Autonomia, competenza e relazione: cosa possono fare i genitori?

Nel precedente articolo abbiamo iniziato ad indagare gli elementi che si inseriscono all’interno della teoria della soddisfazione dei bisogni psicologici di base, fondamentali per la salute e il benessere psicologico degli atleti, nonchè il ruolo che hanno i genitori nel contesto sportivo.


Ma proviamo a vederli più nel dettaglio.


bisogni psicologici di base

L’autonomia si riferisce alla percezione del controllo nell’esercitare la scelta e nell’agire in modi coerenti con il proprio senso di sé. Ad esempio, nello sport può riguardare il tipo di attività sportiva da praticare o la risoluzione dei conflitti.

Seguendo il primo postulato di Harwood e Knight sull’esperienza genitoriale nello sport (2015), i genitori dovrebbero selezionare attività sportive, non PER ma CON i propri figli, che siano adeguate all’età e alla loro fase di sviluppo e, soprattutto, incentrate sul divertimento. Solo successivamente possono passare ad un ruolo più di supporto, portandoli ad maggiore indipendenza e spazio, anche nella gestione dei conflitti.

 

La competenza, invece, riguarda il bisogno di padronanza attraverso interazioni efficaci con gli individui nell’ambiente. Ad esempio, pur affermando di sostenere verbalmente i propri figli, alcuni genitori non prestano attenzione a come i loro comportamenti non verbali (come le espressioni facciali, l’abbandono degli spalti dopo una brutta giocata) possano influenzare negativamente il benessere dei propri figli e la loro competenza percepita. Inoltre, i genitori dovrebbero prestare attenzione anche a come decidono di sostenere i propri figli dopo una performance deludente. La maggior parte degli atleti ha affermato di aver bisogno di tempo per elaborare cosa è andato male, poiché qualsiasi commento immediato dei genitori, anche se inquadrato positivamente, verrebbe percepito come frustrante. Pertanto, il momento “giusto” per avviare una discussione dopo una brutta prestazione dovrebbe essere deciso insieme ai bambini. Una volta che quest’ultimi sono pronti per ottenere feedback, i genitori possono promuovere la competenza evidenziando gli aspetti andati bene e controllabili della performance (Adie et al., 2008).

 

Infine, la relazionalità si riferisce alla creazione di relazioni positive e al sentirsi saldamente attaccati e rispettati da altri significativi. Il modo più comunemente segnalato con cui i genitori mostrano sostegno sportivo ai propri figli è partecipando ad eventi (Dorsch et al., 2009; Bhalla & Weiss, 2010). Tuttavia, genitori e figli dovrebbero condividere chiaramente le loro aspettative riguardo alla loro partecipazione, infatti, la presenza assidua dei genitori agli eventi sportivi può diventare, nel tempo, sfavorevole nei casi in cui i bambini la percepiscono come un atto di controllo. Inoltre, i risultati di Charbonneau e Camiré (2019) hanno anche mostrato come lo sport abbia consentito a genitori e figli di trascorrere del tempo di qualità insieme, anche al di là della pratica sportiva stessa.


Concludendo, è stato dimostrato che i tre bisogni psicologici di base sono universali in tutte le culture e, se soddisfatti in modo equilibrato, portano allo sviluppo positivo di una persona (Deci e Ryan, 1985; Ryan e Deci, 2000), anche nel contesto sportivo (Adie, Duda e Ntoumanis, 2008). Inoltre, è stato dimostrato che i genitori supportano i propri figli cercando allenatori che adottino un approccio olistico e informazioni su come essere buoni genitori sportivi (Knight e Holt, 2013; Knight, Dorsch, Osai, Haderlie e Sellars, 2016). Infatti, Harwood e Knight (2015) hanno indicato che i genitori dovrebbero regolarmente discutere con i propri figli riguardo il loro ruolo, essendo mutevole e in evoluzione all’interno dell’ambiente sportivo.


In termini concreti, ciò significa che gli psicologi dello sport che lavorano con le squadre giovanili possono, dal punto di vista della soddisfazione dei bisogni psicologici di base, agire come mediatori nell’aiutare genitori e atleti a rimanere sulla stessa lunghezza d’onda, nonché per formarli adeguatamente. Per fare ciò è necessario che i consulenti in psicologia dello sport si mantengano aggiornati sulle conoscenze professionali (ad esempio ricerca empirica, migliori pratiche di allenamento delle abilità mentali) e sulle conoscenze interpersonali (ad esempio risoluzione dei conflitti, comunicazione) necessarie per interventi efficaci, dentro e fuori dal campo. Per questi motivi consigliamo a tutti gli psicologi dello sport il nostro percorso formativo e i vari webinar, utili per capire come lavorare al meglio e rimanere sempre aggiornati.

 

Bibliografia

Per tutti i riferimenti bibliografici consultare l’articolo di Evelyne Felber Charbonneau & Martin Camiré (2019): Parental involvement in sport and the satisfaction of basic psychological needs: Perspectives from parent–child dyads, International Journal of Sport and Exercise Psychology.

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